martedì 20 marzo 2012

ZAMBIKES: in Zambia le prime biciclette in Bambu

La Bicicletta. Per molti noi un semplice mezzo di trasporto, ecologico, salutare e gratis  che ormai influenza tutti i nostri progetti che ci piace definire 'sostenibili'. In Zambia la scommessa fatta è molto più importante perchè non si è mai trattato di semplici biciclette intese come mezzo di trasporto ma di una sfida volta a risolvere parzialmente il problema della disoccupazione, del difficile trasporto di cose e persone a causa delle strade deteriorate

La creazione della Zambike, che non produce solo telai per bici da strada e mountain bike ma anche carretti e ambulanze a pedali, ha potuto dare lavoro alla manodopera locale, creando delle professionalità in grado di sviluppare il territorio, senza eccessivi danni per l'ambiente. "Non si è mai trattato solo di biciclette" sostiene uno dei fondatori della societò, Mwewa Chikamba "ciò che vogliamo è formare il nostro personale e premiare la loro abilità. Vogliamo cambiare la loro vita".


Ebbene, questa scommessa è stata ampiamente vinta perchè ora le biciclette in bambu made in Zambia sono vendute in tutto il mondo, specialmente negli USA, anche grazie al negozio online Zambikes International.

"Il mio nome è Antone Bwalya e sono il coordinatore della produzione di Zambikes. Lavoro per Zambikes da circa tre anni. Ho imparato la carpenteria, la fabbricazione dell'acciaio, i meccanismi delle biciclette e molte altre cose nel tempo che ho passato qui. Ora dirigo la fattoria e devo assicurarmi che le cose siano fatte in tempo, che i materiali siano in negozio quando serve e che ognuno faccia il proprio dovere in maniera sicura; sono anche il responsabile del controllo qualità.
La scorsa settimana ho potuto viaggiare per 2000 km (1300 miglia) dal Nord della Zambia verso un'area chiamata Luwingu, una normale zona rurale con strade in cattivo stato, addirittura peggiorato dalle recenti piogge. Il gruppo "The Safe Mothers Action Group" lì ha ricevuto 8 delle nostre "Zambulanze" un mese fa;  sono andato a visitare questo posto per vedere come sta andando.
Sono venuto a sapere che queste Zambulanze hanno trasportato più di 40 mamme dai campi alle cliniche per farle partorire. Hanno un ottimo sistema dove le donne ricevono una check up prenatale e a loro è assegnata una settimana di consegna in cui vengono prelevate dalla Zambulanza e portate alla clinica fino al giorno del parto.
Quando sono al lavoro spesso mi dimentico che non stiamo solo costruendo biciclette o trailers (rimorchi). Per molte persone, specialmente quelle che appartengono al Safe Mothers Action Group a Luwingu, queste Zambulanze e biciclette fanno la differenza tra la vita e la morte. Questo mi fa rendere conto che il mio non è solamente un lavoro ma un modo per cambiare e salvare vite. Non mi sono mai reso conto di quanto queste potessero fare la differenza.
Grazie a tutti. Grazie alle Zambikes non mi state solo supportando dandomi una formazione e un lavoro, ma insieme stiamo cambiando e salvando delle vite. Continuate a supportarci per poter salvare ancora più vite." 


Per qualsiasi informazione vi rimando al sito http://www.zambikes.org/ e anche a questo bellissimo video in cui è spiegato il tutto in maniera più approfondita, per chi mastica un pò di inglese. 

domenica 18 marzo 2012

Il futuro: le case saranno STAMPATE!

Ebbene sì, avete letto bene, perchè la tecnologia in questi anni ha fatto davvero passi da gigante.
Accantonando per un attimo i temi soliti dei materiali sostenibili, bambù, terra cruda ecc, vi voglio riportare una notizia che ha a dir poco dell'incredibile.
La soffiata me l'ha data la mia amica Stefania che studia design della comunicazione a Milano che mi ha fatto scoprire questo sito, la cui pagina iniziale riporta queste parole:
"Se vi è capitato almeno una volta nella vita, di rinchiudere nel cassetto un sogno irrealizzabile, siete sul sito giusto. E state per scoprire la tecnologia capace di trasformare le idee impossibili in progetti finiti, e di rivoluzionare il mondo delle costruzioni"
Le premesse direi che sono sicuramente accattivanti.
Purtroppo non sono la persona più indicata per poter fare una giusta premessa sull'autoproduzione nel campo del design e per spiegare il funzionamento di macchinari come le stampanti 3d..posso semplicemente fare un riassunto delle varie informazioni che reputo necessarie per poter comprendere meglio la realizzazione del progetto di cui voglio parlarvi.

Una stampante 3d diciamo che riproduce un modello reale e tridimensionale partendo da un software di modellazione 3d attraverso la sovrapposizione di diversi layers. I materiali utilizzati possono essere di diversi tipi e variano in base alle caratteristiche progettuali che si vogliono conferire. Gli unici esempi che ho visto sono di piccole dimensioni (erano piccole scatolette di plastica) ma queste dipendono dal tipo di stampante. Per fare grandi oggetti servono delle stampanti molto grandi e, conseguenza praticamente ovvia, molto costose (vi basti pensare che una stampante 3d casalinga è sui 1000 euro).

Ora, avendo fatto le dovute premesse, arriviamo al fulcro del discorso.
L'ingegner Enrico Dini ha realizzato un prototipo di stampante 3D chiamata D-Shape che può realizzare forme libere di qualsiasi dimensione, oggetti grandi addirittura come palazzi interi in scala 1:1 solo con sabbia, pietra e, volendo, addirittura con polvere lunare. Il processo di creazione di questi oggetti ve lo riporto esattamente così com'è spiegato dal suo sito:
Una volta importato il file CAD nel programma della stampante, la struttura in alluminio e la sua "testa di stampa" da 300 ugelli si mettono all'opera, con la stessa libertà di uno scultore. Il risultato, strato dopo strato di sabbia, è il progetto finito: pezzi unici o - nel caso di strutture molto grandi- macroblocchi trasportabili e assemblabili in cantiere. [...] Una tecnologia davvero rivoluzionaria se si pensa al fatto che il prodotto viene realizzato senza bisogno di casseformi, centine o stampi, risparmiando tempo e costi di attrezzaggio. Con D-Shape l'era della progettazione libera può cominciare.
Curiosando nel sito la cosa che mi è saltata subito all'occhio è il progetto per una villa di 300 metri quadri in Sardegna a Porto Rotondo a impatto visivo zero, con la collaborazione dell'architetto James Gardiner, di Faan Studio. Nel caso vi steste chiedendo: ma come fa a stare su? Com'è fatta la struttura? Dini risponde così sul sito della rivista wired: 
«Dal punto di vista statico siamo assolutamente tranquilli perché i test ci dicono che la nostra roccia ha proprietà meccaniche superiori al calcestruzzo. Resta da valutare lo stress sul lungo periodo, ma abbiamo la ragionevole certezza che supereremo anche questa prova». La costruzione a stampa è chiamata "free form" proprio perché fa saltare i limiti del cantiere: bypassando casseforme e colate permette di creare - strato per strato, foglio di sabbia per foglio di sabbia - colonne cave, muri sghembi, volumi sinuosi.«Non abbiamo più bisogno di volumi pieni e angoli retti», chiosa Enrico Dini. «Guardi questa colonna che il prossimo anno presenteremo all'esposizione di free building di Barcellona: il suo unico vincolo formale è il disegno che l'architetto ha tracciato a computer»







Incredibile davvero.
Se volete saperne di più vi rimando al video in cui proprio Enrico Dini spiega la sua invenzione.


Vi lascio con questo spunto di riflessione:
«Oggi è normale costruire strutture di legno, torri di cemento, palazzi di vetro. Fra qualche anno sarà normale stamparsi una casa di roccia». 
Sarà davvero così?

venerdì 16 marzo 2012

Terra Cruda: come, dove, perchè?

Ci tengo a riservare un piccolo spazio per poter parlare di un materiale che ho conosciuto da poco, la terra cruda. Non mi metterò a spiegare nei minimi dettagli la composizione chimica, tutti gli edifici realizzati e le tecniche ma mi limiterò a spiegare il perchè, secondo me, questo materiale ha ottime potenzialità, anche nella nostra amata Italia.

Innanzi tutto la terra è ABBONDANTE, MALLEABILE, FACILE DA METTERE IN OPERA, PLASTICA, DOTATA DI ELEVATA INERZIA TERMICA E RICICLABILE e infine è un materiale REGIONALE (anche se non tutti i suoli sono adatti).

I vantaggi non sono finiti qui! 
Può assorbire e rilasciare l'umidità molto più rapidamente di qualsiasi altro materiale da costruzione, ben bilanciando così il clima indoor. Questa cosa è influenzata anche dalla capacità di questo materiale di immagazzinare calore nelle zone con una notevole escursione termica.

Si possono contenere gli sprechi di energia perchè la preparazione, il trasporto e la messa in opera della terra richiede solamente l'1% dell'energia necessaria per le stesse identiche azioni citate prima che riguardano i mattoni tradizionali o il cemento armato! Possiamo interpretare questo dato anche come una riduzione dell'inquinamento ambientale.

Può essere riusata diverse volte e anche un terriccio secco e asciutto può essere riutilizzato dopo esser stato in ammollo in acqua; in questo modo l'argilla non diventa mai un materiale di scarto che danneggia l'ambiente.

Si risparmia, come detto prima, sui costi di trasporto perchè spesso la terra si trova sul sito o nelle immediate vicinanze. Il terreno di scavo per le fondazioni può essere utilizzato addirittura per le costruzioni in terra vere e proprie. 

La terra è perfetta per preservare diversi materiali come il legno: grazie alla sua basicità e al basso contenuto di umidità (dallo 0,4% allo 0,6%) protegge il legno da funghi o insetti (che per vivere necessitano almeno del 14% - 18% di umidità) tenendolo asciutto. Allo stesso modo l'argilla può preservare anche le piccole quantità di paglia che sono miscelate con essa.

Anche se non è stato ancora dimostrato scientificamente, c'è la possibilità che l'argilla assorba le sostanze inquinanti: i muri in terra sembra siano in grado di assorbire gli inquinanti disciolti in acqua e migliorare la qualità dell'aria dell'ambiente indoor.

Arriviamo ora al punto che "ci interessa": la terra cruda è perfetta per l'autocostruzione perchè, a condizione che il processo costruttivo venga supervisionato da un esperto, le tecniche della messa in opera possono essere facilmente eseguite da non professionisti e perchè non richiedono l'uso di utensili e materiali particolarmente sofisticati e costosi.

Ci sarebbero ancora moltissime cose da dire sulla terra cruda (tutte le tecniche, la composizione ideale, la chimica-fisica) ma per quello vi rimando al libro "Building with the Earth. Design and Technology of a Sustainable Architecture" di Gernot Minke, che può anche essere facilmente reperito in pdf su internet.

Vi lascio con delle immagini tratte proprio da questo libro di due progetti in terra cruda in due zone completamente diverse: il primo è un edificio per uffici a Nuova Delhi, progettato proprio dal nostro amico Minke, mentre l'altro è una scuola a Solvig, in Svezia.

E proprio per questa grande diversità tra i luoghi mi chiedo:
Può essere la terra cruda applicabile praticamente ovunque?
Potrebbe, con la sua economicità e riciclabilità, fornire una parziale risposta alla crisi che stiamo attraversando?
Potrebbe essere applicata anche in diverse zone del Sud Italia, visto che già in Sardegna, nelle Marche e in Abruzzo è stata ampliamente utilizzata?








Architettura fai-da-te: lezioni "on line" grazie ad Archisocial

Tramite il passaparola sono venuta alla conoscenza di un sito molto interessante: www.archisocial.it.
In che cosa consiste? La spiegazione esatta è riportata qui di seguito ed è stata copiata e incollata dal loro sito:

"archisocial nasce nel 2005 per creare un network sull’architettura nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS), riunendo un archivio di informazioni e di materiale alla raccolta di progetti e proposte che utilizzino tecnologie ‘povere’, materiali a basso costo e manodopera locale.
Per costruire nei PVS si ha infatti bisogno di un’adeguata preparazione tecnica e culturale, da unire a una progettazione di buon livello: semplice, economica, ma – soprattutto – dignitosa
."

Questa ultima frase è il punto di partenza per qualsiasi progettazione pensata per i Paesi in via di Sviluppo ed è anche la ragione per cui tra i vari materiali presenti nel sito sono stata colpita dalla "Breve guida per costruire in un Paese nel Sud del mondo" e da una serie di filmati mirati proprio a gettare le basi per un'autocostruzione adeguata.



Il mio commento è che l'iniziativa è notevole, d'aiuto ed efficace; i filmati sono chiari e si guardano volentieri. Molto interessante e ben realizzato è il filmato sul Cantiere del Centro di aggregazione per disabili di Wanging'ombe, regione di Iringa in Tanzania, a cura di Ignazio Caruso e Simona Rania, fondatori di archisocial.
Senza troppi paroloni, mi basta dire che trovo il progetto molto bello e curato, anche nei particolari della decorazione. Potrei sbagliarmi, ma noto anche che con la terra cruda sono state utilizzate le tecniche del    pisè (forse per le fondazioni o la base della muratura?) e dei BTC e dell'adobe. Se vi accorgete che ho detto delle cavolate fatemelo notare!
A breve sarà pubblicata anche qualche lezione sulla terra cruda, materiale da tenere assolutamente in considerazione per i nostri progetti futuri!

martedì 13 marzo 2012

Architetture nei Paesi in via di sviluppo: l'esperienza di Raul Pantaleo

Oggi sono andata al quarto appuntamento per il ciclo di seminari "Architetture nei Paesi in via di sviluppo. Bellezza e parsimonia" in cui l'ospite principale è stato Raul Pantaleo, architetto dello studio Tamassociati, che ci ha parlato di una delle sue tante esperienze in Africa ovvero la costruzione di una Clinica pediatrica a Nyala, in Darfur (Sudan) per conto di Emergency.


Il discorso generale è sicuramente interessante ma vorrei focalizzarmi su alcuni punti toccati dall'architetto che mi hanno colpito. Ovviamente il progetto della clinica ha poco a che fare con il tema dell'autocostruzione, in quanto lo studio si è affidato a un'impresa edile, ma ci sono alcuni fattori che a mio parere dovrebbero essere sempre presi in considerazione per un progetto (di autocostruzione) nei paesi in via di sviluppo.

Parliamo dell'importanza dei SIMBOLI legati alla popolazione, alla cultura e al territorio, come gli alberi secolari, l'utilizzo dei colori, dell'armonia dell'edificio con la CITTA', luogo della convivenza per poter percepire l'architettura come luogo. Da questi concetti generici che sono legati in modo intrinseco all'autocostruzione, vorrei arrivare ai due aspetti che mi hanno maggiormente interessato durante questa conferenza: la TECNOLOGIA e la MATERIA
Per definire la prima riporterò fedelmente ciò che ha scritto l'architetto Pantaleo nella sua presentazione: "QUELLA MIGLIORE E' QUELLA CHE NON USIAMO".
Cosa si intende esattamente?
Tutto sta nel capire cosa è davvero essenziale e cosa è solamente accessorio.
Mi pongo spontaneamente una domanda: riusciremmo noi oggi a capire davvero ciò di cui potremmo fare a meno? Sapreste vivere senza un condizionatore? 
Credo che partecipare attivamente alla costruzione della propria casa possa porre l'attenzione su dettagli che non curiamo mai e di cui non ci interessiamo minimamente: parlo della scelta dei materiali, degli intonaci, di un'attenta progettazione di impianti in base al clima..insomma ci sarebbe da aprire un dibattito! Può l'autocostruzione indurre a una progettazione più consapevole e a un'attenzione maggiore verso questi aspetti da parte dei fruitori veri e propri degli edifici?

E ora l'ultimo spunto di riflessione: I MATERIALI. "LA SOLUZIONE MIGLIORE E' LA PIU' SEMPLICE". L'autocostruzione credo possa far ragionare sulla possibilità di utilizzare materiali regionali, anche attraverso scarti e recuperi. L'esempio della clinica è il recupero nel sito archeologico di pietre delle antiche carceri, che sono state ricomposte, inserite nella facciata grazie all'aiuto di uno scalpellino locale e che ora fanno parte di un nuovo patrimonio comune, che ha portato a un recupero di saperi, un nuovo motivo di orgoglio 'popolare'. 

Le mie conclusioni sono che uno degli aspetti postivi dei progetti di autocostruzione è il fatto che questi  considerino la partecipazione di persone native del luogo (come in questo caso), che possano essere un modo per ripensare al futuro in modo non convenzionale e che possano portare a una maggiore sensibilizzazione delle comunità locali, per il valore dei materiali e per la tradizione costruttiva che a loro appartiene, partendo da saperi già noti e radicati nella cultura di ogni luogo.


Qui di seguito vi posto alcune immagini della clinica prese dal sito ufficiale dello studio Tamassociati e da un articolo di Domus dell'estate 2011.