Mi sta molto a cuore questo progetto perchè è coinvolta in prima persona una mia grande amica, Veronica, che è partita questa primavera per due mesi, destinazione Oaxaca, Mexico!
Questo workshop prevedeva la realizzazione in due fasi del Centro Micro-Regionale di innovazione tecnologica per lo sviluppo regionale sostenibile per la comunità indigena di Pensamiento Liberal per dare risposta alla crescente domanda, da parte degli studenti, di approfondire i temi connessi alla sostenibilità delle tecniche dei processi costruttivi in contesti extraeuropei e di imparare "mettendoci le mani", in un vero e proprio cantiere, coinvolgendo la gente del posto e studenti messicani della UNAM (Università Nazionale Autonoma del Messico) e ONG-CAMPO.
Quando ho visto Veronica mi ha raccontato di aver vissuto due mesi nelle condizioni più 'basiche' possibili: si dormiva su uno stuoino in una mezza catapecchia e per telefonare a casa bisognava andare fino a casa di una signora perchè il cellulare non prendeva neanche se ti mettevi a pregare in spagnolo!
Bene, credo di avervi detto abbastanza! Spero di vedervi LUNEDI' 29 OTTOBRE alle 14.30 al Castello del Valentino, Salone d'Onore per il seminario mentre per la mostra fotografica avete tempo fino al 6 Novembre, Sala delle Colonne (QUI invito facebook).
giovedì 18 ottobre 2012
mercoledì 10 ottobre 2012
Anupama Kundoo porta alla Biennale le radici, la terra e il lavoro delle mani
Sfogliando Casamica ho letto l'intervista a questa architetta indiana (a me prima sconosciuta), che mi ha incuriosito e appassionato. Sì, perchè questo mini-racconto di Monica Capuani sull'idea di architettura sostenibile e sul padiglione realizzato a Venezia di Anupama Kundoo è scritto molto bene, così bene che mi vedo 'costretta' a riportarvelo pari pari. Occhio che è lunghetto ma vale davvero la pena leggerlo.
"Anupama Kundoo, classe 1967 e un viso solare incorniciato da una nuvola di esuberanti capelli grigi, ha un piglio da politico in campagna elettorale più che da architetto. Fa dichiarazioni ad effetto e realizza, come lei stessa afferma, costruzioni naturali senza trucco. Anni fa ha scelto questo mestiere u po' per caso invece dell'adorata matematica e della scultura. Attualmente vive e lavora in Australia e di questa scelta racconta: «Mio marito ha ottenuto una cattedra a Brisbane ed è un bel posto dove crescere i figli. Prima sono stata a New York e a Berlino, città dove mi sono scontrata con il concetto di società iper-regolata. Sono cresciuta a Bombay, dove gli abitanti degli slum sono architetti eccezionali. Avete mai visto cosa sono capaci di fare con quello che riescono a procurarsi per strada? Rappresentano la forza della vita: sono loro i veri creativi della nostra epoca. Una volta la gente per costruirsi la casa usava le mani. Oggi, nelle società evolute, si è persa quella maestria e ci vogliono fior di professionisti e un grande dispendio di denaro tanto che spesso bisogna accendere un mutuo. Mi domando se davvero ne valga la pena».
E' decisamente provocatoria Anupama Kundoo. Al di là delle dichiarazioni iperboliche che potrebbero farla sembrare una passatista, è una donna che guarda in avanti, apprezzata nel campo dell'architettura per le sue sperimentazioni che recuperano materiali e tecniche dalla tradizione secolare mescolate alle possibilità più futuristiche della tecnologia e della scienza. Guardando il suo lavoro ventennale si potrebbe dire che le sue ricerche sui materiali abbiano addirittura precorso i tempi anticipando pratiche attuali. Ne è una testimonianza la scala che ha costruito 1:1 a Venezia alle Corderie dell'Arsenale. Riproduzione fedele della Wall House realizzata per sè nel 2000 ad Auronville in India, la costruzione è frutto del lavoro manuale di studenti delle facoltà di Architettura di Venezia e Brisbane, dove insegna, e maestranze che non erano mai uscite dal subcontinente asiatico. Insieme, per tre mesi, italiani, australiani e indiani hanno letteralmente tirato su l'impianto della casa che all'epoca ci vollero tre anni per completare. Il progetto diede alla Kundoo immediata visibilità. La Wall House fu lodata per l'innovazione ma soprattutto per l'efficace dinamica tra il low-tech di materiali sostenibili e lavorazioni tradizionali e l'high-tech della progettazione architettonica e delle conquiste dell'ingegneria. La Kundoo, diversamente da quanto si potrebbe credere, ne è sempre stata affascinata. La prova il video presentato a Venezia in cui, insieme ai casi di abitazioni costruite nei Paesi del Terzo Mondo, mostra la robotica utilizzata nei processi costruttivi degli architetti svizzeri Gramazio & Kolher che da tempo, con macchine automatiche, danno vita a edifici in mattoni contaminando la cultura digitale con quella materiale. Lei, del resto, l'innovazione l'ha sempre avuta nel DNA. Basta collegarsi alla voce research sul suo sito web per accorgersene. «La Wall House» racconta "fu un pretesto per sviluppare le sperimentazioni che sarebbero state applicate alla progettazione di edifici sostenibili senza escludere le tecniche del passato. Si tratta di una specie di casa-manifesto. In India, un tempo, la migliore architettura teneva conto del clima locale, dei materiali che erano nei paraggi, delle lavorazioni testate dall'uso e dal tempo. Il boom economico ha fatto piazza pulita di queste tradizioni. Oggi, in tempi di crisi, è urgente tornare a un'architettura verde che rispetti l'ambiente, non sprechi risorse e contenga i costi. Un esempio concreto? Gli artigiani che vanno incontro alla povertà: perchè mai nessuno compra più i loro prodotti? Impieghiamoli noi architetti. Nella Wall House i tetti e le volte dei soffitti sono assemblati con vasi di terracotta usati come tegole e isolanti costruiti dai vasai della zona».
Il messaggio è chiaro. Se tutti gli eco-guerrieri fossero come Anupama Kundoo, le battaglie per le città più sostenibili sarebbero spesso vinte. L'armatura di questo architetto è l'entusiasmo incrollabile; le sue armi sono le radici, la terra, il lavoro delle mani con cui si costruiscono case dove la gente amerà e vivrà. Non manca, prima di salutarci, la sua critica personale a quello che considera l'establishment dell'architettura. La Kundoo vuole ricondurre la disciplina dal glamour delle archistar (che denuncia come follia eurocentrica) alla malta fangosa dei mattoni fatti con le mani dei muratori indiani. La sua preoccupazione principale -non smette di sottolinearlo- è la casa: una casa per tutti. Per questo motivo conclude con un tono di sfida:
«Perchè invece che progettare sempre ville per ricchi o grattacieli per le banche gli architetti non pensano al problema dell'insufficienza degli alloggi? Se tutti noi dedicassimo anche solo un dieci per cento del nostro lavoro a cercare soluzioni concrete, il problema in pochi anni sarebbe risolto».
Fine.
Che dire se non BRAVA.
Ora due parole anche sulla Wall House!
Realizzata nel 2000 ad Auronville come propria abitazione, è considerata il manifesto della sua idea di architettura sostenibile. La casa è un misto di tradizione e innovazione, sia dal punto di vista tecnologico che spaziale: gli ambienti e i loro confini sono definiti in in modo nuovo, creando spazi intermedi e flessibili a seconda dell'ora del giorno o del clima. Un esempio di attività che si svolge in una zona di transizione è la sala da pranzo in cui il tavolo è costruito con un unico tronco di palissandro, legno quasi scomparso, senza l'uso di ulteriori materiali, neanche per le giunture. Gli alberi esterni alla casa sono integrati alla composizione dello spazio e creano un passaggio morbido con la natura, quasi da far sembrare che l'esterno penetri all'interno della casa.
Per altre informazioni vi rimando ai siti della biennale e quello suo ufficiale
http://biennalearchitettura.telecomitalia.com/protagonisti/anupama-kundoo/
http://www.anupamakundoo.com/
"Anupama Kundoo, classe 1967 e un viso solare incorniciato da una nuvola di esuberanti capelli grigi, ha un piglio da politico in campagna elettorale più che da architetto. Fa dichiarazioni ad effetto e realizza, come lei stessa afferma, costruzioni naturali senza trucco. Anni fa ha scelto questo mestiere u po' per caso invece dell'adorata matematica e della scultura. Attualmente vive e lavora in Australia e di questa scelta racconta: «Mio marito ha ottenuto una cattedra a Brisbane ed è un bel posto dove crescere i figli. Prima sono stata a New York e a Berlino, città dove mi sono scontrata con il concetto di società iper-regolata. Sono cresciuta a Bombay, dove gli abitanti degli slum sono architetti eccezionali. Avete mai visto cosa sono capaci di fare con quello che riescono a procurarsi per strada? Rappresentano la forza della vita: sono loro i veri creativi della nostra epoca. Una volta la gente per costruirsi la casa usava le mani. Oggi, nelle società evolute, si è persa quella maestria e ci vogliono fior di professionisti e un grande dispendio di denaro tanto che spesso bisogna accendere un mutuo. Mi domando se davvero ne valga la pena».
E' decisamente provocatoria Anupama Kundoo. Al di là delle dichiarazioni iperboliche che potrebbero farla sembrare una passatista, è una donna che guarda in avanti, apprezzata nel campo dell'architettura per le sue sperimentazioni che recuperano materiali e tecniche dalla tradizione secolare mescolate alle possibilità più futuristiche della tecnologia e della scienza. Guardando il suo lavoro ventennale si potrebbe dire che le sue ricerche sui materiali abbiano addirittura precorso i tempi anticipando pratiche attuali. Ne è una testimonianza la scala che ha costruito 1:1 a Venezia alle Corderie dell'Arsenale. Riproduzione fedele della Wall House realizzata per sè nel 2000 ad Auronville in India, la costruzione è frutto del lavoro manuale di studenti delle facoltà di Architettura di Venezia e Brisbane, dove insegna, e maestranze che non erano mai uscite dal subcontinente asiatico. Insieme, per tre mesi, italiani, australiani e indiani hanno letteralmente tirato su l'impianto della casa che all'epoca ci vollero tre anni per completare. Il progetto diede alla Kundoo immediata visibilità. La Wall House fu lodata per l'innovazione ma soprattutto per l'efficace dinamica tra il low-tech di materiali sostenibili e lavorazioni tradizionali e l'high-tech della progettazione architettonica e delle conquiste dell'ingegneria. La Kundoo, diversamente da quanto si potrebbe credere, ne è sempre stata affascinata. La prova il video presentato a Venezia in cui, insieme ai casi di abitazioni costruite nei Paesi del Terzo Mondo, mostra la robotica utilizzata nei processi costruttivi degli architetti svizzeri Gramazio & Kolher che da tempo, con macchine automatiche, danno vita a edifici in mattoni contaminando la cultura digitale con quella materiale. Lei, del resto, l'innovazione l'ha sempre avuta nel DNA. Basta collegarsi alla voce research sul suo sito web per accorgersene. «La Wall House» racconta "fu un pretesto per sviluppare le sperimentazioni che sarebbero state applicate alla progettazione di edifici sostenibili senza escludere le tecniche del passato. Si tratta di una specie di casa-manifesto. In India, un tempo, la migliore architettura teneva conto del clima locale, dei materiali che erano nei paraggi, delle lavorazioni testate dall'uso e dal tempo. Il boom economico ha fatto piazza pulita di queste tradizioni. Oggi, in tempi di crisi, è urgente tornare a un'architettura verde che rispetti l'ambiente, non sprechi risorse e contenga i costi. Un esempio concreto? Gli artigiani che vanno incontro alla povertà: perchè mai nessuno compra più i loro prodotti? Impieghiamoli noi architetti. Nella Wall House i tetti e le volte dei soffitti sono assemblati con vasi di terracotta usati come tegole e isolanti costruiti dai vasai della zona».
Il messaggio è chiaro. Se tutti gli eco-guerrieri fossero come Anupama Kundoo, le battaglie per le città più sostenibili sarebbero spesso vinte. L'armatura di questo architetto è l'entusiasmo incrollabile; le sue armi sono le radici, la terra, il lavoro delle mani con cui si costruiscono case dove la gente amerà e vivrà. Non manca, prima di salutarci, la sua critica personale a quello che considera l'establishment dell'architettura. La Kundoo vuole ricondurre la disciplina dal glamour delle archistar (che denuncia come follia eurocentrica) alla malta fangosa dei mattoni fatti con le mani dei muratori indiani. La sua preoccupazione principale -non smette di sottolinearlo- è la casa: una casa per tutti. Per questo motivo conclude con un tono di sfida:
«Perchè invece che progettare sempre ville per ricchi o grattacieli per le banche gli architetti non pensano al problema dell'insufficienza degli alloggi? Se tutti noi dedicassimo anche solo un dieci per cento del nostro lavoro a cercare soluzioni concrete, il problema in pochi anni sarebbe risolto».
Fine.
Che dire se non BRAVA.
Ora due parole anche sulla Wall House!
Realizzata nel 2000 ad Auronville come propria abitazione, è considerata il manifesto della sua idea di architettura sostenibile. La casa è un misto di tradizione e innovazione, sia dal punto di vista tecnologico che spaziale: gli ambienti e i loro confini sono definiti in in modo nuovo, creando spazi intermedi e flessibili a seconda dell'ora del giorno o del clima. Un esempio di attività che si svolge in una zona di transizione è la sala da pranzo in cui il tavolo è costruito con un unico tronco di palissandro, legno quasi scomparso, senza l'uso di ulteriori materiali, neanche per le giunture. Gli alberi esterni alla casa sono integrati alla composizione dello spazio e creano un passaggio morbido con la natura, quasi da far sembrare che l'esterno penetri all'interno della casa.
Per altre informazioni vi rimando ai siti della biennale e quello suo ufficiale
http://biennalearchitettura.telecomitalia.com/protagonisti/anupama-kundoo/
http://www.anupamakundoo.com/
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lunedì 8 ottobre 2012
La casa di pannocchie vince il primo premio al festival dell'architettura sostenibile
Ebbene sì. Il primo premio del festival dell'architettura sostenibile in Alsazia è andato al progetto "La Tourner Autor du Ried" dello studio francese St.André-Lang Architects, ovvero un'abitazione di 20mq ubicata a Muttersholtz, nel nord-est della Francia. Le pannocchie costituiscono ovviamente i tamponamenti esterne e sono contenute in una rete metallica, mentre l'ossatura della struttura è interamente in legno.
La copertura è inclinata diagonalmente e orientata in modo da riuscire a sfruttare al meglio l'illuminazione naturale seguendo il percorso del sole durante l'arco del giorno. Il vantaggio nell'uso delle pannocchie sta sia nella sostenibilità (OVVVVVVIO direte) ma anche nella tecnica di essiccazione del mais usata dagli agricoltori del posto che, applicata alle pareti, conferisce diverse rese cromatiche ad ogni stagione, rendendolo dinamico nel tempo.
Il costo di questa realizzazione è stato di solo 7000 euro, grazie anche ad alcuni partners (carpentieri, manovali ecc..), altrimenti si sarebbe arrivati attorno ai 10.000 euro.
Per rimarcare il concetto di simbiosi con la natura, all'interno è stato realizzato un patio circolare e un giardino in cui crescono piante locali e che permettono alla natura di entrare nell'abitazione e soprattutto nella vita degli abitanti. I vari spazi della casa sono orientati a seconda delle attività svolte: ad esempio le camere da letto sono ubicate ad est, la zona studio/di lavoro a sud-est, mentre la zona giorno/salotto è localizzata a sud perché "quando andiamo a considerare una casa 'sostenibile' è importante pensare alla posizione dei diversi spazi in base all'orientamento", parole di Saint-André che definisce questo progetto INNOVATIVO non tanto nella tecnologia ma nella tradizione.
C'è anche da dire che però la struttura è un prototipo che è stato costruito in meno di un mese per cui non è a prova di intemperie ed è priva di elettricità, impianto idraulico, cucina e bagno. Beghe non da poco direte ma è comunque un passo avanti positivo per i futuri sviluppi delle case sostenibili a basso costo.
La copertura è inclinata diagonalmente e orientata in modo da riuscire a sfruttare al meglio l'illuminazione naturale seguendo il percorso del sole durante l'arco del giorno. Il vantaggio nell'uso delle pannocchie sta sia nella sostenibilità (OVVVVVVIO direte) ma anche nella tecnica di essiccazione del mais usata dagli agricoltori del posto che, applicata alle pareti, conferisce diverse rese cromatiche ad ogni stagione, rendendolo dinamico nel tempo.
Il costo di questa realizzazione è stato di solo 7000 euro, grazie anche ad alcuni partners (carpentieri, manovali ecc..), altrimenti si sarebbe arrivati attorno ai 10.000 euro.
Per rimarcare il concetto di simbiosi con la natura, all'interno è stato realizzato un patio circolare e un giardino in cui crescono piante locali e che permettono alla natura di entrare nell'abitazione e soprattutto nella vita degli abitanti. I vari spazi della casa sono orientati a seconda delle attività svolte: ad esempio le camere da letto sono ubicate ad est, la zona studio/di lavoro a sud-est, mentre la zona giorno/salotto è localizzata a sud perché "quando andiamo a considerare una casa 'sostenibile' è importante pensare alla posizione dei diversi spazi in base all'orientamento", parole di Saint-André che definisce questo progetto INNOVATIVO non tanto nella tecnologia ma nella tradizione.
C'è anche da dire che però la struttura è un prototipo che è stato costruito in meno di un mese per cui non è a prova di intemperie ed è priva di elettricità, impianto idraulico, cucina e bagno. Beghe non da poco direte ma è comunque un passo avanti positivo per i futuri sviluppi delle case sostenibili a basso costo.
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St.André-Lang Architects
Ubicazione:
3 Rue de la Digue, 67600 Muttersholtz, Francia
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